Da ben prima della Notte degli Oscar, che come da cattiva abitudine tende negli ultimi anni a premiare il "caso cinematografico" (Il discorso del re, Slumdog Millionaire) più che l'opera di per sè, si è fatto un gran parlare di The Artist. Operazione veramente curiosa, quella di girare un film muto e in bianco e nero (in realtà è stato girato a colori e successivamente riconvertito; inoltre la frequenza dei fotogrammi è più bassa, per rievocare maggiormente l'effetto delle vecchie macchine da ripresa) in anno Domini 2012. Un rischio bello grosso, data quella che teoricamente doveva essere una difficile digeribilità da parte del grande pubblico. E invece gli spettatori di mezzo mondo, va detto, forse portati dall'eco mediatico che il caso di questo film ha generato, ne hanno decretato un successo anche monetario. Viene da chiedersi se, al di là delle statuette portate a casa (ingiustamente per chi scrive, dal momento che Malick avrebbe dovuto comunque vincere tutto col suo grandioso "The Tree of Life") o degli incassi registrati, The Artist sia un film così valido, e penso che la risposta non possa che essere affermativa.
Il film mette subito in chiaro la volontà di non volersi nascondere dietro al pretesto del muto-senza-colori, ed infatti Hazanavicius costruisce con grande misura una struttura in grado di reggersi sulle proprie gambe, quasi a prescindere dall'artificio retrò. Il racconto metacinematografico non è solo una strizzata d'occhio agli appassionati, ma un geniale modo di accogliere un qualsiasi spettatore all'interno del mondo del muto, che non appare più enormemente distante. Impossibile non citare, proprio perchè esule dal contesto a cui ormai siamo abituati ad una buona metà del film, è la scena onirica in cui il sogno di Valentin viene invaso dal sonoro, esattamente come la sua vita, costretta a piegarsi all'avvento di un cinema che è riuscito a dotarsi di voci, di suoni e rumori.
Ma prima ancora che trovate ed artifici, come si è già detto, The Artist è un film sul cinema: un omaggio non cerebrale ma che viene direttamente dal cuore, e forse proprio per questo vince tutto. Non c'è bisogno di giochi intellettuali e citazionismi a tutti i costi (anche se l'ammiccamento a Vertigo c'ha fatto sorridere...), perchè siamo davanti ad un'opera fatta degli ingredienti più sani e consueti che il cinema possa adottare: la risata (sincera, semplice e proprio per questo liberissima) e la commozione (non cercata con insistenza, ma spontanea perchè...non potrebbe essere altrimenti). Eppure a fare la differenza tra un film pretestuoso ed uno riuscito, in questo caso, è la mano di Hazanavicius, capaci di trovare gli equilibri giusti senza ricadere in una mera operazione nostalgica.
Un'altra delle grandi sfide del regista era quella di indirizzare un'interpretazione mastodontica come quella offerta da Jean Dujardin, lui sì meritatamente premiato dall'Academy. L'attore catalizza gran parte dell'attenzione, ma non è ingombrante al punto da oscurare il resto degli attori e la pellicola stessa (esito visto purtroppo in tanti film degli ultimi anni con ambizioni da Oscar): incarna semplicemente l'anima di The Artist, senza soffocarlo ma anzi dandogli vita attraverso di sè, con la genuinità e la capacità di stupire che ci fanno innamorare ancora oggi del cinema, come fosse la prima volta che assistiamo ad una proiezione.
Un'altra delle grandi sfide del regista era quella di indirizzare un'interpretazione mastodontica come quella offerta da Jean Dujardin, lui sì meritatamente premiato dall'Academy. L'attore catalizza gran parte dell'attenzione, ma non è ingombrante al punto da oscurare il resto degli attori e la pellicola stessa (esito visto purtroppo in tanti film degli ultimi anni con ambizioni da Oscar): incarna semplicemente l'anima di The Artist, senza soffocarlo ma anzi dandogli vita attraverso di sè, con la genuinità e la capacità di stupire che ci fanno innamorare ancora oggi del cinema, come fosse la prima volta che assistiamo ad una proiezione.
In definitiva ci si può dire irritati, per l'eccessiva celebrazione, dopo la pioggia di Oscar, che questo film ha ricevuto. Ma non possiamo parlare di The Artist come un film brutto, perchè intrattiene dal primo all'ultimo minuto, regala un omaggio sentitissimo e, cosa più importante, emozioni vere. Non possiamo parlare di The Artist come un film poco riuscito, perchè ci mette l'anima, conquista una propria dignità artistica assoluta, e ci racconta una storia; la storia, quella che ci ha permesso ci venissero raccontate tutte le altre: la storia di come il cinema muto divenne sonoro, e dell'amore, dell'orgoglio e dell'ossessione degli uomini che si trovarono nel bel mezzo del cambiamento.